Luce: è davvero il miglior antidepressivo?

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HAPPINESS IS THE SECRET TO ALL BEAUTY. THERE IS NO BEAUTY WITHOUT HAPPINESS.

Sempre più studi stanno mettendo in relazione la carenza di esposizione ai raggi solari con un’aumentata incidenza di depressione e stati psicofisici alterati. Il fatto più preoccupante di questa vicenda è la strettissima correlazione tra la diffusione di smart devices, soprattutto nella fascia più giovane della popolazione, e l’insorgenza sempre più precoce e massiccia degli effetti psichici sopra citati. Questo non significa che bisogna condannare la tecnologia, bisogna solo prendere le giuste precauzioni, esattamente come prende precauzioni chi lavora con rumori molto forti, con carichi molto pesanti, o con altissime temperature ad esempio in fonderia. Ma procediamo per gradi: esattamente quale tipo di danni fisici può provocare la tecnologia?
Si tratta in realtà di danni indiretti, che inizialmente sono solo degli effetti indesiderati, la cui cronicizzazione negli anni può portare alla vera e propria definizione di patologia. Il principale effetto collaterale derivante dall’eccessivo utilizzo dei terminali digitali, oltre allo sforzo accomodativo oculare, è il calo dello stimolo: ogni azione piacevole che compiamo, come mangiare un cibo delizioso o divertirci, innesca dei meccanismi cerebrali, in parole semplici fa legare un noto neurotrasmettitore cerebrale, la dopamina, ai suoi recettori, lo stesso neurotrasmettitore implicato nelle dipendenze psicofisiche non a caso. Pertanto videogames o altre attività ludiche virtuali davanti al display sono capaci di legare grosse quantità di dopamina ai suoi recettori, e questo le rende estremamente piacevoli e desiderabili dal cervello dipendente, più di ogni altra cosa, innescando un circolo vizioso che porta a stare sempre più tempo chiusi in casa ma soprattutto all’instaurarsi di una progressiva tolleranza di tali recettori che fanno cercare al dipendente esperienze di intensità sempre maggiore creando uno squilibrio in tutto il sistema di neurotrasmettitori e portando all’inevitabile calo di un altro neurotrasmettitore chiave, la serotonina, che influisce direttamente sull’umore e che viene prodotto ogni volta che ci esponiamo a luce intensa, facciamo sport intenso, intratteniamo rapporti sociali piacevoli, ci rilassiamo, et similia.  Rinchiudendosi in casa ed evitando le attività di interazione esterna appena menzionate lo squilibrio di neurotrasmettitori potenzialmente può aggravarsi anziché riassestarsi, e ciò porterà il soggetto a essere malinconico, irritabile, con poco appetito o talvolta anche con fame eccessiva, con problemi di concentrazione, di memoria e con problemi di insonnia o a volte di eccessiva sonnolenza.

Numerosi studi da tutto il mondo hanno evidenziato come un intenso stimolo luminoso quotidiano, specialmente la mattina, sia estremamente efficace nelle persone affette da SAD (disturbo affettivo stagionale) e malumore per riequilibrare direttamente e indirettamente alcuni neurotrasmettitori quali serotonina, dopamina e noradrenalina, quantomeno se attuato in una prima fase in cui i sintomi sono ancora lievi tali da non richiedere una terapia farmacologica.
Questo risultato è un enorme passo in avanti, perché apre la strada a un nuovo paradigma terapeutico per affrontare un problema sempre più diffuso e invalidante, attraverso una terapia non farmacologica e di conseguenza con una miglior aderenza alla terapia da parte del paziente, tipicamente molto bassa per gli psicofarmaci prescritti per problematiche non gravemente invalidanti.

Fatte queste premesse, possiamo affrontare il problema più da un punto di vista illuminotecnico. Per compensare la ridotta esposizione solare nei mesi più freddi è necessario generare artificialmente luce di elevata intensità e con spettro di alta qualità per attuare gli stessi meccanismi che la luce solare aziona su di noi quando ci esponiamo. 
Questa tecnica ha un nome ben preciso, fototerapia o luminoterapia, e viene praticata con macchinari capaci di produrre uno spettro quanto più vasto possibile in particolare fino agli ultravioletti di tipo B, e di adeguata intensità luminosa per quanto concerne lo spettro visibile, cioè capace di produrre un illuminamento simile a quello del sole, tipicamente compreso tra 30mila e 100mila lux. Si tratta di un’intensità molto elevata, infatti nessun apparecchio per fototerapia “commerciale” venduto al pubblico riesce a raggiungerla, eccetto alcuni mastodontici apparecchi professionali generalmente presenti in cliniche e ospedali. Ciò non toglie che i piccoli apparecchi low cost che attualmente si trovano in commercio possano dare un piccolo sollievo nonostante la loro limitata potenza e intensità della luce, ma a livello tecnico-scientifico sono considerati insufficienti e dunque non vi sono prove che attestino la loro reale efficacia per trattare patologie come la SAD. 

L’esposizione quotidiana al sole diretto, quando possibile, resta dunque la fonte luminosa più potente e affidabile che abbiamo, anche in virtù della componente ultravioletta, assente nelle luci artificiali, che stimola la produzione endogena di vitamina D, a sua volta implicata nella regolazione dell’umore nonché nel metabolismo minerale, in particolare del calcio, del nostro apparato scheletrico.

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